"Come un
successore di Pietro ha potuto, in così poco tempo,
causare più danni alla Chiesa che la Rivoluzione dell' '
89? (... ). Abbiamo veramente un papa oppure un
intruso seduto sulla cattedra di Pietro? Beati coloro che sono vissuti e che
sono morti senza doversi porre una simile questione!".
Tale è l'interrogativo che si pone mons. Lefebvre in Cor Unum, bollettino
interno della Fraternità, l'8 novembre 1979. Si tratta del
defunto papa Paolo VI - come già nell'estate calda del 1976 - ma si
tratterà anche ben presto di Giovanni-Paolo II.
"Come può avvenire,
date le promesse di Nostro Signore Gesù Cristo al suo Vicario, che questo medesimo Vicario possa nello stesso tempo, da sé o
per mezzo di altri, corrompere la fede dei fedeli?".
Alcuni dicono:
professa delle eresie, ha promulgato la libertà religiosa,
ha firmato l'art. 7 del Novus Ordo Missae; ora una eretico
non può essere papa, dunque non è papa, dunque
non gli si deve l'obbedienza. Si tratta di una logica semplice e comoda che riposa
su di una opinione teologica che degli autori seri hanno sostenuto in astratto.
Ma, in concreto, si può affermare l'eresia formale di un papa? Chi avrà l'autorità per farlo? Chi farà al pontefice le
monizioni necessarie per constatarlo? Inoltre questo ragionamento, in
pratica, "mette la Chiesa in una situazione inestricabile. Chi ci dirà
dov'è il futuro papa? Come potrà essere designato, dal momento che non vi sono più cardinali" poiché il papa non è papa?
"Questo spirito è uno spirito
scismatico". D'altra parte "la visibilità della Chiesa è troppo
necessaria perché Dio possa ometterla per dei decenni".
Alla "logica
teorica" di un Padre Guérard des Lauriers, mons, Lefebvre
preferisce "una
sapienza superiore: la logica della carità e della prudenza".
"Forse un
giorno, fra trenta o quarant’anni, una sessione di cardinali riunita da un futuro papa studierà e giudicherà il pontificato
di Paolo VI; forse dirà che vi sono elementi che avrebbero dovuto saltare agli
occhi dei contemporanei, delle affermazioni
di questo papa assolutamente contrarie alla Tradizione.
Preferisco, sino ad ora, considerare come
papa colui che, per lo meno, è sul soglio di Pietro; e
se un giorno si scoprisse in modo certo che questo papa non era papa,
avrò tuttavia fatto il mio dovere.
Al di fuori dei casi
in cui usa del suo carisma di infallibilità, il papa può
errare. Perché
dunque scandalizzarci e dire: "Allora non è più papa", come Ario si
scandalizzava delle umiliazioni del Signore che durante la sua Passione diceva
"Mio Dio perché mi hai abbandonato?" e ragionava: "Allora non è
Dio!". Non sappiamo fino a dove un papa "trascinato da non so quale
spirito o da quale formazione, sottomesso a
quali pressioni o per negligenza" possa condurre la Chiesa a perdere la fede; ma "noi constatiamo i
fatti. Preferisco partire da questo principio: dobbiamo difendere la
nostra fede; su questo punto il nostro dovere è fuor di dubbio".
(Tratto da Marcel Lefebvre:
una vita, di mons. Bernard Tissier
de Mallerais, Clovis, Etampes, 2002, p. 532 s.)
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